venerdì 28 marzo 2008

Qual'è il giusto rapporto tra fede e politica?

Quale è il giusto rapporto tra fede e politica?
La domanda nasce perché ho visto che il post “Tu per chi voti” (rintracciabile al fondo di tutti i post di questo blog) è inesorabilmente, e per certi aspetti giustamente, slittato sulla Legge 194 relativa all’interruzione volontaria della gravidanza.
Giacché ho capito che questo argomento è molto sentito, allora mi pare corretto creare un post specifico sulla questione del rapporto fede e politica, nel cui ambito tutti possiamo esprimerci, senza i limiti di una scelta elettorale.
E dal momento che non voglio tirarmi indietro dal dare un parere su questo spinoso ed antico problema, io per primo espongo il mio pensiero nella speranza, forse un po’ vana per la sensibilità dell’argomento, di non ricevere troppe critiche e invettive.
Comincio con l’affermare che i cattolici, come facenti parti del corpo sociale della nazione, hanno il diritto e l’obbligo di contribuire attivamente alla formazione delle leggi dello stato in forza dei loro convincimenti sociali, politici ed anche religiosi.
Mi trovo assolutamente d’accordo con Benedetto XVI, quando afferma che i cattolici devono assumersi le loro responsabilità in politica, fondandosi anche sulle loro convinzioni religiose.
Infatti, il cristiano opera nel mondo alla luce del suo credo religioso, che in ambito etico si rifà alla “legge naturale”, cioè al progetto divino inscritto nella creazione.
Tuttavia il cristiano vive in uno stato laico, nel cui ambito sono normative le cosiddette leggi positive, cioè quelle approvate dalla rappresentanza parlamentare, che esprime la volontà della maggioranza delle donne e degli uomini della nazione.
È anche bene non dimenticare che per noi cristiani la prospettiva secolare è addirittura presente nel noto detto di Gesù: «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»(Mt 22,21b) e che quindi, di per sé, non può essere scartata da una visione religiosa esclusivista di ogni altra prospettiva, come avviene negli stati confessionali, cioè, per esempio, in diversi stati musulmani o, soprattutto in passato, anche in molti stati di ispirazione cristiana.
Ma allora che fare se legge positiva, generata dalla maggioranza parlamentare della nazione, e “legge naturale”, che il cristiano riconosce valida per cultura e per fede, entrano in rotta di collisione?
Certamente, giacché il cristiano è pure un cittadino, ha l’obbligo di contribuire alla formazione della maggioranza nella società dove vive. Se, però, nell’economia democratica di uno stato si viene a strutturare e ad essere vigente una legge positiva che confligge con la “legge naturale”, il cristiano non può che accettarne l’esistenza, anche se a livello personale non se ne avvale.
Tanto per comprendersi immediatamente, una facile esemplificazione è costituita dalla legge sul divorzio: i cristiani non praticano il divorzio, ma non possono impedire che altri vi ricorrano, qualora questa sia legge dello Stato.
Lo stesso vale per le norme relative alla fecondazione assistita, all’aborto o per quelle in discussione relative alla ricerca sulle cellule embrionali.
Questo è il mio punto di vista, che mi piacerebbe confrontare con quello di tanti altri.

Andrea Volpe

10 commenti:

Pippo La Barba ha detto...

Caro Andrea, sono contento che tratti questo tema tanto impegnativo per noi cattolici. Ho appena letto l'intervista rilasciata a Famiglia Cristiana (nel numero in edicola) da Mons. Ravasi e mi sembra illuminante quello che lui afferma. Dice che l'incontro tra fede e scienza non può essere un incontro di due fondamentalismi, ma un confronto aperto sui temi fondamentali dell'esistenza. Dice anche un'altra cosa importante: la Chiesa non deve avere paura ad affrontare la cultura di oggi, che è naturalmente laica ma più spesso laicista e sarcastica verso la Chiesa (leggi Odifreddi). E' bene che i cattolici ci attrezziamo sul piano culturale perchè non può esservi catechesi senza cultura.

PeerGynt ha detto...

Caro Andrea,
ho letto con attenzione il tuo post e mi sono soffermato sul penultimo capoverso:

i cristiani non praticano il divorzio, ma non possono impedire che altri vi ricorrano, qualora questa sia legge dello Stato.

La frase sottolineata farebbe pensare che, se il cristiano potesse impedire il ricorso a una determinata legge dello Stato, lo farebbe. Io proporrei, per fugare ogni dubbio, una maggiore chiarezza in merito a questo problema ed altri consimili che ormai sono chiamate ‘’questioni sensibili ’, e quindi direi che :

a) in uno Stato libero tutti siamo liberi di fare o non fare certe scelte;
b) il cristiano nulla deve fare per impedire tali scelte, perché, se così facesse, coarterebbe la volontà altrui, e in definita gli userebbe violenza;
c) il cristiano non deve giudicare chi fa determinate scelte, perché riconosciamo un unico Giudice in grado di “giudicare i vivi e i morti;
d) le autorità ecclesiastiche devono astenersi di emettere giudizi, minacce, improperi ect nei confronti di chi fa certe scelte; si fa eccezione ovviamente per il ‘vicario di Cristo’, quando parla ex cattedra: il suo peraltro è da considerare come un severo monito al cristiano perché si attenga scrupolosamente agli insegnamenti di Cristo.

Ti ringrazio se mi hai letto fino a questo punto, e mi auguro che possiamo ancora scambiarci dei pareri su questi argomenti.

zouzebi2 ha detto...

per un cattolico è troppo poco non far uso del divorzio o dell'aborto!
è un peccato di omissione non divorziare e poi dimenticare lo stato dei figli di divorziati, non abortire e dimenticare i 140.000 feti massacrati ogni anno in Italia. Da cattolici abbiamo l'OBBLIGO di intervenire personalmente, fisicamente e fattivamente per salvare ognuno di questi 140.000 martiri annui italiani del crimine di aborto!!!
Abbiamo l'OBBLIGO di non stipulare alleanze politiche con parlamentari, politici, partiti, movimenti, alleanze, schieramenti in cui ci siano fautori di questi crimini anche a costo di rimanere da soli! Chi sta con la Bonino (10.000 aborti eseguiti personalmente con le pompe di biciclette nelle vecchie sedi del partito radicale) è come lei, chi permette l'esistenza dell'aborto è un ABORTISTA anche se non lo pratica!

Andrea Volpe ha detto...

Caro Giovanni detto "giovanni il borbonico" (e si vede),

tu sai che ti sono amico ed io so che tu sei un buono e per questo mi piace il tuo modo di fare, a dire il vero, un po’ troppo sanguigno!
Personalmente, però, mi pare eccessivo dare dell'“abortista”, a chi prende semplicemente atto che esiste una legge dello stato sull'interruzione volontaria della gravidanza, esattamente negli stessi termini in cui lo fa anche la Conferenza Episcopale Italiana.
Che sia “abortista” persino la Conferenza Episcopale Italiana?
O, secondo te, i bravi cattolici dovrebbero organizzare ronde armate di pronto intervento negli ospedali dove vengono effettuate le interruzioni di gravidanza?
No, caro mio, non è questo lo spirito cristiano, nel senso che non penso che siano questi i sentimenti che furono di Cristo (Fil 2,5) e che noi cristiani dobbiamo perseguire.
No, in questo caso non è l’ambito materiale l’ambito nel quale deve svilupparsi il nostro intervento, ma l’ambito spirituale della persuasione: in questo dovrebbe starci la missione della conversione e tutta l’opera pastorale delle comunità cristiane!
Un abbraccio,

Andrea Volpe

Massimo ha detto...

Scusate e, come dico sempre, rivendico il diritto di cambiare idea se qualcuno mi dimostrerà che ho commesso errori di valutazione o di ragionamento. Entrando in argomento, secondo me il punto è “Noi Cattolici siamo contro la legge che permette il divorzio o invece vogliamo batterci perché i coniugi vivano responsabilmente il loro essere coppia? Noi Cattolici siamo contro la legge 194/1978 che permette l’aborto o piuttosto vogliamo batterci perché non si ricorra più all’aborto?”. Io penso che la risposta sia:”noi cattolici vogliamo batterci perché i coniugi “siano una carne sola” e perché ogni donna accetti la maternità con gioia, sempre! (e, permettetemi, ogni uomo accetti la paternità con gioia, sempre!). E allora, visto l’assunto, proviamo ad immaginare, per esempio, che venga abrogata la famigerata legge 194 e l’aborto ritorni reato. Evviva abbiamo sconfitto l’aborto! Nessuno che abbia un minimo di buon senso potrebbe pensarlo!! In questo caso, una donna, per la terribile scelta, avrebbe due strade: abortire in clandestinità (mammane n.d.r.) ovvero, ove vi sia la disponibilità economica, avvalersi di un medico compiacente o addirittura espatriare per abortire un uno Stato estero. Unica consolazione sarebbe, eventualmente a cose fatte (non si può certamente punire l’intenzione), di vedere qualche donna e forse qualche medico disonesto in galera! Bella soddisfazione!! E soprattutto bei cattolici saremmo se il nostro fine ultimo fosse quello di comminare una punizione a qualcuno! Qualcuno potrebbe dire lo stesso ragionamento si potrebbe fare per il furto e per l’omicidio. Ma veramente vogliamo paragonare questi delitti all’aborto? Ma veramente pensiamo che la gran parte delle donne che ricorrono all’aborto rinneghino la propria vocazione naturale (non solo di quelle cattoliche), che è quella di tramandare la vita, a cuor leggero? O piuttosto quasi tutte le donne che abortiscono non hanno lanciato un grido di aiuto, rimasto inascoltato! Non sono un buonista per vocazione, ma ricordo la gioia con cui ho appreso da mia moglie che sarei diventato padre, e soprattutto ricordo gli occhi di mia moglie. Vi assicuro che non è mai stata così bella! Ogni volta che guardo i miei figli (ormai purtroppo grandicelli) questa gioia si rinnova! Non posso pensare che esista una donna che abbia abortito che non provi un senso di nausea al pensiero! E allora la legge 194 permette, nella fase di “meditazione” prevista dalla legge, di insinuarsi con i consultori, con gli operatori sanitari per fare breccia e cercare di rispondere a quel grido di dolore. Il problema quindi è attuare veramente in tutte le sue parti la legge che offre una opportunità, proprio a noi cattolici, che altrimenti non avremmo. Scusate se mi sono dilungato e soprattutto DIO MI PERDONI se ho detto sciocchezze. Massimo

joblack ha detto...

La Politica è la ricerca di un bene comune "condiviso" in una società multietcnica e multi religiosa.

La fede è un "dono" e permette all'uomo di raggiungere il + alto livello di felicità (comprensione di se stessi e del mondo).

Essendo la fede un dono non la puoi imporre a nessuno ... ma diffondere il messaggio di Cristo è un dovere (spesso dimenticato) per ogni cristiano.

Non vi può quindi esserci una chiesa chiusa in se stessa (peggio se ariana od altro), gerarchica, clericale tout court.

La chiesa a cui spesso credo è quella "missionaria", non crociata.

Ho conosciuto padri missionari eccezionali che mi hanno detto che lavorando in Africa la prima cosa che devi testimoniare è "la solidarietà umana" nel momento del bisogno e del dolore. Poi piano piano, asciugate le lacrime, l'infedele si accorge che nel cristiano non c'è solo solidarietà umana ma una sorte di "luce divina" che il testimone emana non per suo merito ma per volontà di Dio.

I nosri politici, cattolici e non, devono perseguire la giustizia ... di cui abbiamo bisogno specie in Sicilia.

joblack

zouzebi2 ha detto...

allora mi e vi pongo un quesito!
da battezzato mi sento chiamato al dovere di intervenire personalmente ed anche fisicamente se dovessi incontrare al porto un vecchietto che, volendo farla finita con la sua vita, stia per gettarsi in mare: impedire un suicidio è dovere cristiano. allo stesso modo, da battezzato, mi sento chiamato ad intervenire personalmente e fisicamente se dovessi avere notizia di un possibile ed imminente aborto perché non mi porrei dalla parte della donna che sta per abortire, dalla parte del padre che non ha alcun diritto, con la legge 194, di intervenire, dalla parte del ginecologo, ma mi porrei dalla parte del feto che mi sta gridando disperatamente "VOGLIO VIVERE, anche alla faccia di mia madre, di mio padre, del medico e di tutta la società!" vengo al quesito: come possiamo salvare il maggior numero possibile, con interventi collettivi e non ad personam, dei 140 mila feti massacrati ogni anno in Italia?
(Ho usato l'espressione interventi collettivi per aumentare il numero di vite possibilmente salvate)

Pippo La Barba ha detto...

Contrariamente a quello che si crede (il pensiero unico sta distorcendo ormai il nostro modo di pensare) io sono del parere che i temi etici (in primo luogo la bioetica) dovrebbero essere oggetto dei programmi dei partiti politici. Il fatto vero è che le forze politiche sorvolano su questi temi perchè antropologicamente sono impreparati ad affrontarli. Dobbiamo partire dal presupposto che non sempre l'imnnovazione scientifica è un progresso. Noi oggi siamo di fronte a una scienza e a una tecnologia capaci di penetrare nell'organizzazione della materia vivente. E non possiamo lasciare libertà illimitata, come sostengono i vari Odifreddi, alla sperimentazione tecnologica. Qui non è un problema di laici e cattolici (a parte che la laicità occidentale è figlia del cristianesimo, che valorizza al massimo l'individuo). La cosa giusta è che scienza e fede, o almeno scienza e morale, a un certo punto si incontrino, altrimenti in nome della scienza giustifichiamo tutto, anche le aberrazioni e le violenze verso l'uomo e la natura.

Andrea Volpe ha detto...

Penso che Pippo La Barba abbia colto nel segno quando auspica che «scienza e fede, o almeno scienza e morale, a un certo punto si incontrino, altrimenti in nome della scienza giustifichiamo tutto, anche le aberrazioni e le violenze verso l'uomo e la natura».
Anche a me appare essenziale per l’umanità tutta che l’uso della scienza non entri in conflitto non solo con la fede, ma, soprattutto con l’etica, la politica e la legalità.
Detto in altre parole, il perseguimento di una “scienza etica e buona” e di una “ricerca scientifica corretta e umanocompatibile” è un problema che spetta alla sfera laica, prima ancora che fondarsi su convinzioni religiose.
Tanto per comprendersi immediatamente, si ricorda che la costruzione delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki sono palesemente in contrapposizione non solo alla fede, ma anche all’etica, alla politica e alla legalità!
Ed ancora la ricerca svolta su cavie umane, forse sarebbe molto efficace, ma fa problema a qualunque cultura laica, in quanto contraria al noto principio kantiano che afferma non essere etico considerare l’uomo solo “un mezzo”.
Tornando alla dottrina cristiana, il nocciolo della questione è connesso all’intelligenza dell’uomo e all’uso che l’uomo può fare della sua intelligenza.
Il Salmo 8 afferma che Dio, in un surplus d’amore, ha creato l’uomo quasi uguale a sé: «Che cos'è l'uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell'uomo perché te ne prenda cura? Eppure tu l'hai fatto solo di poco inferiore a Dio, e l'hai coronato di gloria e d'onore» (Sal 8,4-5).
Il dono che rende l’uomo quasi uguale a Dio è, oltre l’intelligenza, la libertà: nell’uomo, per volontà del suo Creatore, c’è un’eccedenza d’intelligenza e di libertà.
Per l’uomo, differentemente dagli altri esseri viventi, l’eccedenza di libertà comporta che non tutto ciò che è possibile fare è anche lecito fare. Per esempio, l’uomo, se vuole rispettare la volontà creatrice, non può autodistruggersi o distruggere il creato che Dio gli ha posto ai piedi!
A questo punto vengo alla questione posta da Giovanni circa cosa si debba fare per evitare la strage di feti perpetrata da sempre nel mondo e in Italia.
Sono d’accordo con coloro che sopra hanno scritto che l’aborto non è eliminabile né per legge né, tantomeno, per coercizione. Anzi, forse, in assenza di leggi, gli aborti tendono ad aumentare, piuttosto che a diminuire.
Penso pure, come ho già asserito in precedenza, che i cristiani hanno diritto di far sentire la propria voce in ambito legislativo e devono quindi contribuire, anche secondo il loro credo, nella formulazione delle leggi.
Tuttavia, ripeto, l’ambito principale dell’intervento del cristiano non può essere la coercizione e l’uso della forza, perché sarebbe la negazione della stessa propria fede: Cristo non ha adoperato la forza nemmeno contro i suoi stessi carnefici e non permette l’esercizio della forza nella difesa dei martiri di oggi e di sempre!
Invece, l’unico ambito percorribile dai cristiani è quello spirituale della persuasione e qui, come ho asserito in un precedente commento, ci sta tutta l’opera pastorale ecclesiale (dialogo, interventi caritativi, dibattiti, iniziative sociali e politiche, momenti di preghiera, ecc.).
Ma, siccome non voglio tirarmi indietro rispetto alla richiesta pratica di Giovanni, suggerisco che a livello operativo si potrebbe cominciare con il mobilitare gli psicologi cristiani nell’entrare nei gruppi di valutazione previsti dalla Legge 194, in modo da rendere sensibile il punto di vista cristiano sull’aborto e poter meglio guidare le donne verso le soluzioni alternative all’aborto pur previste dalla stessa legge.
Un abbraccio,

Andrea Volpe

zouzebi2 ha detto...

L'intervento dello psicologo cristiano (e la maggior parte non lo sono) nei gruppi di valutazione previsti dalla legge 194 agirebbero su singole persone per cui l'intervento su 140 mila aborti l'anno sarebbe lento ed inefficace. Avevo precisato nel mio ultimo intervento che sono necessari provvedimenti "collettivi" per ridurre drasticamente il numero degli aborti (per esempio di almeno 30-40 mila l'anno!). Riguardo poi il numero dissentisco sul fatto che l'esistenza di una legge che regolamenti l'aborto ne fa diminuire la quantità. Infatti, se è vero che il numero assoluto di aborti annui è diminuito, lo si deve al fatto che, in Italia, è totalmente crollato il numero di gravidanze iniziate! la furbizia degli abortisti sta proprio nel fatto di riferire sempre il dato assoluto senza rapportarlo al dato delle gravidanze. Oggi tra contraccettivi di ogni specie, pillole del giorno o dei giorni dopo, pianificazione familiare che rarissimamente prevede il secondo figlio, lo sviluppo emografico italiano è così ridotto da lasciar presagire il dimezzamento dell'etnia italiana sul territorio italia nel'arco di alcuni decenni. Sottolineo che parlo di etnia e non di popolazione. Certo se in Italia non si faranno più bambini non ci saranno neppure più aborti!! Il dramma è che, nonostante l'esistenza della legge 194, gli aborti praticati rispetto alle gravidanze iniziate sono nettamente aumentati.