giovedì 6 novembre 2008

Obama è nero o afroamericano?

Obama è nero o afroamericano?
La domanda non è mia, ma l’ha posta Bruno Vespa, quando la notte del 4 novembre ha seguito lo spoglio per l’elezione del Presidente degli Stati Uniti d’America.
Vespa ha dopo risolto la questione nella direzione di considerare Obama afroamericano, se ho ben capito, per ragioni di antirazzismo.
Anch’io concordo con quanti affermano che con il 4 novembre 2008 è arrivato alla Casa Bianca l’afroamericano Obama, ma avrei preferito che vi fosse arrivato il nero, anzi il negro Obama!
Cercherò di spiegarmi meglio.
Obama è figlio di un immigrato africano di carnagione nera e di una donna bianca di nazionalità americana: pertanto egli appartiene alla schiera degli immigrati negli Stati Uniti, alla quale appartengono anche i componenti delle diverse comunità immigrate, tra le quali anche quelle italiana, ispanica, cinese, russa, ecc..
Egli è un meritevole, anzi al momento il più meritevole rappresentante degli immigrati che con la loro identità e il loro impegno hanno reso gli Stati Uniti d’America la più importante e forte nazione del mondo: la sua elezione a Presidente è veramente una rivoluzione per il suo Paese e per il mondo intero.
Ma io, per il futuro, resto in attesa di una rivoluzione ancora più grande, che, prima o poi, sono certo arriverà: quella dell’elezione a Presidente degli Stati Uniti d’America di un negro, cioè di un discendente di quegli africani che in catene sono stati portati nel Nord America ai tempi della tratta degli schiavi.
Solo allora potremmo pensare che il razzismo in America sia stato veramente sconfitto.
Per questo io ritengo che sarebbe stato molto più antirazzista e più rivoluzionario se Bruno Vespa la notte del 4 novembre avesse potuto risolvere il suo dilemma con l’annuncio: “Un negro alla Casa Bianca”!
Non per nulla, mentre su Obama copioso si è riversato il voto di comunità immigrate, come l’ispanica, oltre che dei giovani, il voto negro, invece, pare che non sia stato poi così esclusivamente e decisamente indirizzato verso di lui.
Questo non toglie nulla al valore dell’elezione di Obama: lascia, invece, ulteriori margini di progresso a questo incredibile Paese che sono gli Stati Uniti d’America.
In appendice mi si lasci affermare un altro concetto: finiamola di accostare la vicenda americana a quella italiana!
Da noi, purtroppo, non esistono politici come Barack Obama e nemmeno come John McCaine!
L’elezione di Barack Obama non rilancerà in Italia le sorti di leader come Veltroni o altri simili a lui, perché nella nostra “casta politica” è troppo infiltrato il tarlo del privilegio e del mantenimento dello status quo.
Invece, l’elezione di Barack Obama potrà anche in Italia aprire le porte a qualcosa di diverso, in cui tutti speriamo, ma che, al momento, non riusciamo ancora ad intravedere.

Andrea Volpe

martedì 4 novembre 2008

La politica: business o servizio?

La politica: business o servizio?
Mi pare veramente una bella domanda e conosco veramente bene le due risposte che sistematicamente arrivano:
- l’una sorniona e sorridente: «Ma fammi il piacere...! Non farmi ridere…Da sempre e da qualunque parte la politica è stata un affare! Ognuno si è sempre fatti i c…. suoi….»
- l’altra seriosa e scandalizzata (ma per niente convinta!): «Ma come si fa a pensare alla politica come un affare…, certo che è un servizio, uno dei più alti che si possa offrire alla società, lo dice anche il Papa…!»
Però, entrambe le categorie antropologiche delle persone, dalle quali ricevo queste risposte, hanno una cosa in comune: la volontà che non si possa e non si debba fare nulla!
Io - sarò un sognatore - invece penso che molto si dovrebbe fare, perché è proprio dalla semplice e ovvia domanda “se la politica sia un business o un servizio”, che dipende tutta l’impostazione etico-sociale dell’organizzazione della collettività e del suo “bene comune”.
Giacché sono veramente tante le cose da fare, a me piacerebbe iniziare da una che ritengo la prima da dover affrontare, cioè la moralizzazione dei guadagni di parlamentari ed affini.
Infatti, sono convinto che nell’alto livello retributivo della “casta politica” verosimilmente risieda la ragione più grave dell’imbarbarimento attuale dei costumi politici italiani.
Oggettivamente, ahinoi, da qualunque parte si guardi, la politica purtroppo non è mai caratterizzata dal servizio, ma dal business!
Non solo, ma le alte retribuzioni ai politici costituiscono la leva più forte per tenere sotto controllo i cosiddetti rappresentanti del popolo da parte del pro tempore “padrone del vapore”, riducendo, quasi ad annullarli, gli spazi di democrazia nel nostro Paese.
Un’autentica volontà riformista e un sentito impegno morale nella vita pubblica non possono che partire dal taglio drastico delle indennità parlamentari, laddove taglio drastico intendo la riduzione a un decimo dell’ammontare attuale! Solo così si potrebbe sperare un riaggancio della società politica alla società civile, grazie a livelli retributivi quantomeno compararabili tra i due ambiti, ed una conversione della “politica del business” alla “politica del servizio”.

Andrea Volpe