martedì 4 novembre 2008

La politica: business o servizio?

La politica: business o servizio?
Mi pare veramente una bella domanda e conosco veramente bene le due risposte che sistematicamente arrivano:
- l’una sorniona e sorridente: «Ma fammi il piacere...! Non farmi ridere…Da sempre e da qualunque parte la politica è stata un affare! Ognuno si è sempre fatti i c…. suoi….»
- l’altra seriosa e scandalizzata (ma per niente convinta!): «Ma come si fa a pensare alla politica come un affare…, certo che è un servizio, uno dei più alti che si possa offrire alla società, lo dice anche il Papa…!»
Però, entrambe le categorie antropologiche delle persone, dalle quali ricevo queste risposte, hanno una cosa in comune: la volontà che non si possa e non si debba fare nulla!
Io - sarò un sognatore - invece penso che molto si dovrebbe fare, perché è proprio dalla semplice e ovvia domanda “se la politica sia un business o un servizio”, che dipende tutta l’impostazione etico-sociale dell’organizzazione della collettività e del suo “bene comune”.
Giacché sono veramente tante le cose da fare, a me piacerebbe iniziare da una che ritengo la prima da dover affrontare, cioè la moralizzazione dei guadagni di parlamentari ed affini.
Infatti, sono convinto che nell’alto livello retributivo della “casta politica” verosimilmente risieda la ragione più grave dell’imbarbarimento attuale dei costumi politici italiani.
Oggettivamente, ahinoi, da qualunque parte si guardi, la politica purtroppo non è mai caratterizzata dal servizio, ma dal business!
Non solo, ma le alte retribuzioni ai politici costituiscono la leva più forte per tenere sotto controllo i cosiddetti rappresentanti del popolo da parte del pro tempore “padrone del vapore”, riducendo, quasi ad annullarli, gli spazi di democrazia nel nostro Paese.
Un’autentica volontà riformista e un sentito impegno morale nella vita pubblica non possono che partire dal taglio drastico delle indennità parlamentari, laddove taglio drastico intendo la riduzione a un decimo dell’ammontare attuale! Solo così si potrebbe sperare un riaggancio della società politica alla società civile, grazie a livelli retributivi quantomeno compararabili tra i due ambiti, ed una conversione della “politica del business” alla “politica del servizio”.

Andrea Volpe

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono assolutamente d’accordo, nel senso che non ci potrà mai essere vera interazione fra società civile e politica se non si riporta la politica a servizio. E questo può avvenire, , nei fatti e non solo a parole, solo eliminando i privilegi economici ai politici che li usano per i loro affari (spesso anche in collusione con il malaffare) diventando così una casta i cui interessi sono da difendere contro gli altri, lobby e cani sciolti (anche contro coloro che dovrebbero servire). So che a questo punto si tratta di un problema quasi impossibile da risolvere per effetto delle difese che ormai la casta ha messo in atto per scardinare le quali bisognerebbe tanta consapevolezza e tanta capacità di vedere lontano, forse troppa per quello che si vede in giro.

Comunque, grazie per la passione che ci metti e per lo sforzo meritorio che fai per stimolare la consapevolezza che manca.

Anonimo ha detto...

La riduzione delle indennità parlamentari se da una parte potrebbe produrre un certo ridimensionamento dell'interesse da parte dei soliti squali, dall'altra potrebbe provocare un vero e proprio impedimento alla partecipazione politica attiva da parte di chi non avrebbe mezzi economici sufficienti. Una politica tutta in mano ai ricchi di "famiglia" non mi pare una politica autenticamente democratica. Sarebbe necesario un taglio alle spese in eccesso e, come sempre, una seria riflessione individuale. La deontologia non è costume che può trasferirsi d'autorità, è prima di tutto scelta individuale.